L'ATTIVITÀ DI RICERCA E LE ISTRUZIONI PER L’USO

 

Stiamo parlando della raccolta in superficie di oggetti appartenuti all'uomo antico che è vissuto sul territorio prima di noi e che si trovano abbandonati nella terra dei campi.

TITOLI

  • Premessa e suggerimenti utili
  • Dove si può fare e dove non si deve fare
  • Motivi della ricerca archeologica
  • Come comportarsi per non incorrere in denunce
  • I ritrovamenti fortuiti ed i premi di rinvenimento
  • Gli strumenti e l'attrezzatura
  • La ricerca archeo con il metal detector
  • L'identificazione dei siti e la cartografia
  • Come trattare le cose trovate
  • Documentazione degli oggetti
  • Custodia e conservazione
  • A chi consegnare i reperti e la loro documentazione
  • Cosa chiedere a chi riceve il materiale

PREMESSA E SUGGERIMENTI UTILI

Carissimi appassionati di archeologia, queste pagine tentano di spiegare a chiunque voglia iniziare ad intraprendere l'attività dilettantistica di ricercatore archeologico che questo, chiamiamolo hobby, è un modo sano di dedicare il tempo libero alla cultura, è un modo per entrare dentro ad essa ed esserne "Protagonista".
La ricerca archeologica può dare una grande quantità di soddisfazioni e può essere un motivo diverso per stare all'aria aperta, camminare, chiacchierare, discutere, distrarsi, raccontarsi le cose.
Come tipologia di attività vorrei paragonarla, anche se impropriamente, allo sport venatorio, quello dei cacciatori per intenderci, solo che nel nostro caso non ci sono né vittime né carnefici ne armi. 
Il ricercatore archeologico va a caccia ma non spara a nessuno.
Quando trova qualche cosa di interessante non lo appende al carniere, ma lo esibisce ai suoi colleghi, agli amici e ai conoscenti come un trofeo che non scomparirà dopo averlo mangiato, ma potrà restare in vista per sempre dove potranno vederlo tutti.
Chi fa ricerca archeologica entra inevitabilmente in una rete di comunicazioni che lo portano presto ad acquisire tantissime nozioni che riguardano la storia ed ha tante opportunità per aumentare le conoscenze e ringiovanire l'intelletto.
La ricerca archeologica però richiede una buona dose di onestà di rettitudine e di saggezza perché le cose che nel tempo andremo a individuare e raccogliere non ci possono appartenere come se fossero delle lepri, dei fagiani o funghi o castagne: i reperti archeologici trovati o da trovare sul territorio italiano appartengono allo Stato, quindi a tutti noi e non ce ne possiamo appropriare per godere da soli della loro bellezza o peggio per venderli e trarne profitto.
Meglio è consegnarli e abbandonarsi nelle braccia della cultura, soprattutto quella scambiata nella collettività delle associazioni, perché li si che c'è tanto da guadagnare.
Affiancatevi a qualcuno che già fa questa attività e se vi piace iscrivetevi ad una associazione culturale e cominciate il vostro cammino.
Se volete potete scrivere ad Antiqva, alle vostre domande sarà data risposta o potranno essere girate alle istituzioni, alle fondazioni o alle associazioni che provvederanno a rispondere.
Tanti auguri di buona ricerca e di tanta sana e piacevole cultura.   Sentitevi "Protagonisti".


DOVE SI PUÒ FARE E DOVE NON SI DEVE FARE

Prima di ogni commento e considerazione si consiglia di leggere gli articoli 10 88 89 90 91 175 176 177 178 del Decreto Legge del 22 Gennaio 2004 n.42 presenti nella pagina "Leggi e regolamenti" di questo sito.
La ricerca e la raccolta in superficie di materiali archeologici è un'attività che il Ministero dei Beni Culturali non consente se non a personale specializzato provvisto di concessione.
Tuttavia, nelle aree periferiche e marginali, in presenza di gruppi culturali ed in funzione della credibilità raggiunta dalle persone che li rappresentano, il Ministero tacitamente tollera che questa attività venga svolta senza concessione da persone non specializzate in terreni agricoli sottoposti ad arature fino alla profondità raggiunta dall'aratro.
Permane l'obbligo di custodire e documentare con cura il materiale ritrovato, di segnalare e di consegnare periodicamente ogni cosa ritrovata presso le direzioni dei musei territoriali o ai sindaci dei comuni di pertinenza o direttamente alla soprintendenza archeologica.
È vietato eseguire ricerche di qualsiasi genere nei luoghi sottoposti a vincolo archeologico.
Per ovvie ragioni di buon senso non è consentito introdursi in proprietà recintate senza il consenso del proprietario, ne eseguire ricerche su terreni in cui vi siano colture in atto.


MOTIVI DELLA RICERCA ARCHEOLOGICA

Ci sono vari motivi per cui una persona intraprende l'attività dilettantistica di ricercatore archeologico.
Il primo di tutti, e comune alla maggior parte delle persone, è il piacere innato di tenere tra le mani qualcosa di antico, appartenuto a gente ormai lontana nel tempo, di cui spesso si sa pochissimo se non niente, e si resta affascinati dall'arcano e dal misterioso.
(È una sensazione indescrivibile e appassionante, per tanto piccolo e povero possa essere il reperto, e chi ha provato a toccarne qualcuno ha quasi la percezione (o forse è solo suggestione) che qualcosa transiti dall'oggetto al proprio animo.)
Quello che succede poi fa parte della personalità e del modo di essere di ogni individuo che fa si che ci sia chi trattiene per se ciò che trova oppure chi lo consegna alla comunità affinché possa essere goduto da tutti.
Se il ricercatore fa già parte o si aggrega ad un gruppo organizzato, impara presto a distaccarsi sentimentalmente dagli oggetti che trova e il fatto di poterli custodire anche per un breve periodo in modo da poterli mostrare ad amici e conoscenti, fa sì che poi non ci siano problemi di rimorsi di coscienza per aver consegnato alle autorità competenti quello che in realtà non ci appartiene.
Diverso è il problema per chi fa ricerca da solo, per il quale la sensazione di proprietà è molto più accentuata e quindi è più difficile da gestire una eventuale separazione dalle cose.
Purtroppo ci sono anche taluni ricercatori (e per fortuna pochi) che vendono o barattano i reperti trovati come se fossero normalissimi articoli da mercatino dell'antiquariato
È un vero peccato che questo succeda perché assieme agli oggetti sparisce anche ogni possibilità di arricchire quel mosaico di informazioni preziose che danno più certezze sulla storia del nostro passato.
Il dato confortante però è che la maggior parte di coloro che svolgono questa attività lo fanno a scopo culturale nei canali del volontariato, dando ad esso un'espressione di legalità.
Il lavoro che fanno certi gruppi di ricerca organizzata è talmente incredibile che viene da chiedersi come mai i politici non prendano in seria considerazione l'opportunità di legiferare in modo che il ministero possa gestire anche l'attività culturale che i volontari svolgono, assieme agli oggetti che raccolgono invece di promulgare solo spaventosi e minacciosi articoli di legge che poi di fatto vengono disattesi e inapplicati.
I gruppi archeologici rischiano molto, stando a quanto scritto nelle leggi, in effetti però sono largamente tollerati perché i reperti vengono sempre documentati e consegnati.
È auspicabile che questa attività venga finalmente regolamentata evidenziando la sua importanza, in modo da infondere nei ricercatori un senso di civile e dignitosa appartenenza.  


COME COMPORTARSI PER NON INCORRERE IN DENUNCE

Buona norma per limitare al minimo i problemi è quella di essere sempre rispettosi della proprietà e della curiosità altrui.
Premesso che è sempre vietato introdursi in fondi recintati senza il consenso del proprietario, in luoghi sottoposti a vincolo archeologico e nei campi in cui vi siano colture in atto, in tutti gli altri casi ci è consentito camminare, passeggiare, raccogliere cose che non appartengano espressamente al proprietario del fondo (i reperti archeologici appartengono allo stato).
Solo il proprietario del fondo può chiederci di andare via dalla sua proprietà anche senza motivo, tutti gli altri no!  Se noi non andiamo via, solo lui ha facoltà di chiamare le forze dell'ordine, gli altri no!
Noi però ce ne dobbiamo andare comunque subito scusandoci per il disturbo per evitare qualsiasi contrasto con chicchessia salvo prendere poi informazioni o fare verifiche sul titolare della proprietà.
Quando facciamo ricerca, soprattutto se usiamo strumenti elettronici, capita che persone si avvicinino per sapere quello che stiamo facendo.  In questo caso dobbiamo essere semplici e chiari nello spiegare bene ai curiosi il motivo della nostra presenza e della nostra attività indicando, se ci sono, le tracce che ci hanno attirato lì e spessissimo sono gli stessi curiosi ad indicarcene delle altre nelle vicinanze o nella zona.
Se abbiamo trovato già qualcosa di interessante, se è il caso di farlo, facciamogliela vedere.
Se apparteniamo ad un gruppo organizzato che deposita i reperti in qualche museo della zona, è un'ottima occasione per invitarli a visitare la mostra.
Lo stesso atteggiamento deve essere tenuto se a chiederci informazioni sono le forze dell'ordine.
È buona norma quindi essere sempre cortesi, mostrarsi sicuri e cercare di fare amicizia con le persone del luogo perché questo atteggiamento torna sempre a nostro vantaggio.
Ricordiamoci che nessuno è in diritto di sequestrarci gli strumenti ed i materiali trovati se siamo in luoghi consentiti e non vincolati, tuttalpiù questo ci può costringere a comunicare il ritrovamento dei materiali entro 24 ore, come previsto dalla legge.


I RITROVAMENTI FORTUITI ED I PREMI DI RINVENIMENTO

Decreto Legge 22 gennaio 2004 n. 42 Art. 92.1.c Il ministero corrisponde un premio non superiore al quarto del valore delle cose ritrovate allo scopritore fortuito che ha ottemperato agli obblighi previsti dall'articolo 90.
Art. 92.3 Nessun premio spetta allo scopritore che si sia introdotto e abbia ricercato nel fondo altrui senza il consenso del proprietario o del possessore.
Sulla base di questo articolo di legge lo stato non corrisponde nulla a nessuno per quanto concerne i ritrovamenti fortuiti perché presuppone che il ricercatore abbia anticipatamente fatto richiesta al proprietario prima di iniziare le ricerche sul suo fondo.
In effetti l'articolo 92 sembra più una presa in giro che un articolo di legge.
I ricercatori dei gruppi archeologici rinunciano in partenza a far valere qualsiasi diritto sul rinvenimento delle cose sia per l'esiguo valore venale di quello che trovano, sia perché normalmente comunicano i ritrovamenti ben oltre le 24 ore previste dall' art. 90 sia perché operano su un territorio talmente vasto che è praticamente impossibile possedere il consenso di tutti i proprietari dei fondi.
Per aggirare i problemi posti dall'art. 92.3, nel caso in cui dovesse tornare alla luce qualche cosa di grandissimo valore, diventa facile avvertire il proprietario, farsi fare un permesso scritto ante datato ed assolvere alle prescrizioni dell'articolo 90 nel giro di poche ore.
Il guaio è che il ministero corrisponde i premi di ritrovamento con anni di ritardo (quando va bene).


GLI STRUMENTI E L’ATTREZZATURA

Lo strumento più importante di cui deve essere dotato un ricercatore è l'esperienza.
Il colpo d'occhio che mette in luce le tracce dell'antropizzazione sulla terra dei campi arati anche dove sembra non ci sia nulla è la primaria dotazione.
I resti della scheggiatura delle selci ad esempio, sono invisibili per chi non li sa riconoscere; le macchie di diverso colore della terra possono indicare tracce della presenza dell'uomo anche dopo migliaia di anni; i frammenti di manufatti e di oggetti di metallo possono indicare la presenza di antichi insediamenti umani, i luoghi dove si sono svolte cruenti battaglie o dove hanno stanziato gli eserciti.
Sono tanti i ricercatori che si affidano alla sola vista e che raccolgono quello che l'aratro porta in superficie, agendo dopo che la terra è stata lavata dalla pioggia.
Ma la maggior parte preferisce aiutarsi con strumenti elettronici come il metal detector (m.d.) mentre spazzolano il terreno con l'occhio vigile per raccogliere anche i frammenti lapidei, vitrei e fittili.
Nel dopoguerra i m.d. si sono diffusi rapidamente trasformandosi da strumenti militari per la ricerca delle mine a moderni strumenti per la ricerca di minerali, di reperti bellici, di reperti storici ed archeologici.  L'evoluzione tecnologica li ha inoltre trasformati da semplici apparecchi rudimentali a veri e propri computer portatili in grado di indicare anche il tipo di metallo rilevato e la sua profondità nel terreno.
La maggior parte dei ricercatori archeologici ne possiede uno e lo utilizza per prelevare dalla terra dei campi arati tutti quegli oggetti di metallo che con i concimi chimici, l'ossidazione ed i continui rimaneggiamenti sono soggetti a disgregarsi e a dissolversi del tutto.  Oggetti che ormai non fanno più parte di un contesto stratigrafico intonso e che sarebbe un vero peccato perdere del tutto.
A corredo del m.d. i ricercatori portano con se una zappetta da giardinaggio con il manico corto o una paletta da camping pieghevole e sacchetti contenitori per riporvi gli oggetti trovati.


LA RICERCA ARCHEO SUI TERRENI ARATIVI CON IL METAL DETECTOR

Il metal detector non è uno strumento diabolico, non è geneticamente predisposto per fare danni, come non lo sono le persone che lo usano correttamente.
Gli archeologi e gli accademici hanno sempre visto con diffidenza questo strumento fin dal suo apparire e hanno sempre dimostrato irritazione al solo nominarlo perché non lo conoscono, non sanno come si comporta, non sanno quello che può dare e quello che non può.
Se tanti oggetti metallici sono stati asportati dalla terra dai tombaroli con l'ausilio di questo strumento è proprio perché il mondo accademico dell'archeologia non ha voluto conoscerlo e utilizzarlo ne ha saputo affrontare la sua presenza con la dovuta attenzione.
Se è vero che alcuni mal intenzionati lo utilizzano per fini propri, è altrettanto vero che alle associazioni archeologiche è stata sempre negata la possibilità di anticipare i tombaroli combattendoli con le loro stesse armi.
Meglio sarebbe stato se si fossero organizzati gruppi di ricerca per la raccolta e salvaguardia del patrimonio archeologico indisponibile dello Stato anche con il metal detector, con delle regole precise.
Coloro che, nonostante tutto, effettuano virtuosamente questo tipo di ricerca, lo fanno sempre a proprio rischio, anche se spesso conosciuti e tacitamente apprezzati dagli stessi soprintendenti.
Questa è una delle tante incredibili anomalie italiane che stenta a trovare una soluzione.
Tutto ruota attorno al contesto stratigrafico, l'antico contenitore dove gli oggetti sono stati collocati dagli eventi storici: gli archeologi temono che la raccolta dei reperti con il metal detector vada a danneggiare le informazioni scientifiche di cui sono dotati i reperti stessi!
Ma se il terreno è stato sconvolto da rimaneggiamenti o da arature, il contesto stratigrafico non esiste più e ogni dettaglio scientifico è andato già perso fino alla profondità dello sconvolgimento.

A che profondità può rilevare un oggetto il metal detector?
Dipende innanzitutto dalla sensibilità dello strumento e dalla dimensione del reperto. I metal detector più raffinati e di largo impiego possono arrivare a segnalare una moneta da due euro a non più di venticinque-trenta centimetri e un utensile quale una grossa zappa a non più di quaranta-cinquanta centimetri; solo oggetti di dimensioni enormi possono essere rilevati oltre i cinquanta centimetri. Con questa capacità di rilevazione vi è la certezza di non individuare mai oggetti anche grandi al di sotto della profondità massima raggiunta dall'aratro; ogni ricercatore preleva quindi quanto l'aratro porta in superficie anno dopo anno e non va ad intaccare gli strati sottostanti che potrebbero conservare ancora oggetti in contesto stratigrafico intatto.
La raccolta pianificata dei reperti consente inoltre di capire in che tipologia di insediamento antico si stia operando e di raccogliere anche altri tipi di materiale venuti in superficie quali lapidei, fittili, vetrosi ecc. e con essi preziosissime informazioni.
La conoscenza del territorio inoltre non è un aspetto secondario e porta a individuare sempre nuovi luoghi di interesse archeologico e di distinguere e segnalare quelli che possono essere oggetto di indagini scientifiche.
La nostra bella Italia è piena di luoghi interessanti dove fare ricerca senza fare danni.
Partendo dal presupposto che ogni piccola parte di terreno coltivabile della nostra amata penisola, dalle grandi e piccole pianure ai dolci declivi collinari, è stata interessata da luoghi di vita quotidiana nel passato e da arature nel recente, possiamo renderci conto che è possibile impegnarsi nella ricerca archeologica un po' ovunque senza dover temere di distruggere informazioni scientifiche preziose, che non esistono più.
Con il nostro metal detector possiamo impegnarci in una attività divertente e sana, a contatto con la natura, raccogliendo oggetti interessantissimi, informazioni importantissime che poi consegneremo e metteremo a disposizione di tutti.
La contaminazione da metal detector è ormai inevitabile anche tra i professionisti, costretti a ricredersi sulla sua natura diabolica: da qualche tempo si vedono sempre più archeologi usarlo sugli scavi per individuare anzitempo i metalli, apporre piccole bandierine colorate sul terreno e prestare maggiore attenzione agli oggetti durante la rimozione di ogni singolo strato.  
Un modo intelligente di utilizzo dello strumento in modo non invasivo anche sugli scavi scientifici.                 Complimenti a loro!


L'IDENTIFICAZIONE DEI SITI E LA CARTOGRAFIA

La provenienza dei reperti.
Ogni singolo ricercatore o gruppo conosce e frequenta un certo numero di siti nella zona di pertinenza e li identifica con nomi e numeri propri.
La cosa importante è che i reperti trovati siano sempre riconducibili con precisione al luogo di ritrovamento perché essendo già privati dei dati stratigrafici in cui si sono trovati per secoli, possano conservare almeno la loro provenienza.

Le mappe  

Antiqva è il primo sito che pubblica on line una carta archeologica da cui ricavare liberamente le allocazioni dei siti. L'altissimo numero di insediamenti riportati ne fa uno strumento utilissimo per chiunque in campo archeologico.
I file che contengono i dati sono aggiornati periodicamente con l'aggiunta di insediamenti nuovi o la correzione di quelli già segnalati che da verifiche o suggerimenti non siano risultati precisi.
Il programma gratuito Garmin BaseCamp permette di visualizzare sul proprio computer la mappa digitale d'Italia con sovrapposti i siti geo referenziati che sono stati listati da Antiqva in formato di waypoints gpx. I più abili possono visualizzare i siti anche sopra le foto satellitari di Google Earth. 
I waypoints gpx possono essere caricati sul proprio strumento Gps da trekking e usati per giungere sui siti archeologici con estrema precisione.

COME TRATTARE LE COSE TROVATE

Le cose antiche che spesso si trovano possono essere fatte di materiale litico (pietra), di materiale fittile (ceramica, terracotta, laterizio), di vetro, di metallo (ferro, rame, bronzo, ottone, argento, oro) o di materiale organico (legno e sementi)

Gli oggetti di pietra

A parte la fragilità, specie se si tratta di lame di selce, la pietra è il materiale che meglio si conserva nel tempo pertanto la sua conservazione è molto semplice, basta avere l'accortezza di non romperla.

Gli oggetti fittili

La ceramica e le terrecotte hanno la necessità di una conservazione accurata, alle volte sono molto fragili e tendono a sbriciolarsi specialmente se sono fatte con pasta molto grezza, se sono state utilizzate per cuocere sul fuoco oppure se non hanno raggiunto una temperatura ottimale nel forno che le ha prodotte.
Devono essere maneggiate con cura, lavate nell'acqua senza l'utilizzo di utensili rigidi quali spazzole o brusche, e riposte in contenitori sicuri.
I laterizi (mattoni, coppi e tegole) devono anch'essi essere conservati con cura specie se riportano tracce particolari della lavorazione o con impressi disegni, impronte, scritte o marchi di fabbrica.
Gli oggetti fittili in genere devono essere conservati in luoghi asciutti e al riparo dal gelo.

Gli oggetti di vetro

E' molto difficile se non impossibile trovare oggetti di vetro sui terreni arativi, essi sono reperti che generalmente vengono recuperati negli scavi, tuttavia qualche frammento significativo può apparire in superficie ed è molto utile per delineare lo stato sociale degli abitanti del luogo (non erano molti coloro che potevano permettersi di possedere oggetti vitrei) I vetri vanno lavati, riposti in scatolette con cotone idrofilo e conservati con cura perché molto fragili.

Gli oggetti di metallo

Tra tutti gli oggetti metallici che si possono trovare, quelli di ferro sono i più soggetti al deterioramento ed i più difficili da conservare. Essi sono completamente intaccati dall'ossido, sono fragili e pertanto vanno trattati con molta cura. Vanno lavati con un getto di acqua per liberarli dalla terra, non vanno mai grattati per togliere eventuali croste di ruggine e non vanno mai trattati con prodotti chimici quali acidi, sode o convertitori di ossidi, ne vanno mai dipinti con alcunché. Il loro restauro e compito dei soli restauratori specializzati.
Il bronzo è anch'esso un metallo molto fragile specie quando si tratta di monete e monili. La patina verde può staccarsi facilmente impedendo la lettura e l'identificazione degli oggetti. Il bronzo va lavato nell'acqua senza l'ausilio di altro.  Non va mai usata la pulizia con acidi o l'elettrolisi.
Gli oggetti di rame puro o in lega di ottone sono molto rari e vanno trattati allo stesso modo del bronzo.
L'argento e l'oro, avendo un'ossidazione molto contenuta, si trovano soventemente in ottimo stato di conservazione e non vanno comunque mai trattati con pulitori chimici o elettrolisi. La finissima patina di ossido che si è formata sugli oggetti deve eventualmente essere tolta dai soli restauratori.

Gli oggetti organici

I reperti di materiale organico sono rarissimi e spesso non vengono riconosciuti nemmeno negli scavi stratigrafici. Il legno e le sementi nell'aria si conservano solo se si trovano in stato di carbonizzazione ossia se sono stati combusti senza fiamma. Se si dovessero individuare semi carbonizzati nella terra, è bene raccogliere la terra stessa che li contiene e conservarla in un contenitore così come sta.
Il legno si conserva a lungo se immerso nell'acqua. Alcuni villaggi palafitticoli sono stati individuati grazie alla presenza dei pali antichi conficcati nel terreno paludoso e ancora ricoperto dall'acqua.
Oggetti di legno lavorati dall'uomo sono stati rinvenuti nelle torbiere cioè in depositi di legname improvvisamente ricoperti da frane o inondazioni improvvise di fango.
Se si dovessero individuare spuntoni di pali che emergono da qualche corso d'acqua oppure pezzi di legno che appaiono durate gli sterri nell'edilizia o nei cantieri delle imprese stradali è bene avvisare immediatamente la soprintendenza.


DOCUMENTAZIONE DEGLI OGGETTI

La documentazione dei reperti è una operazione necessaria per non perdere i riferimenti di ogni singolo rinvenimento.
I materiali raccolti sui campi arati purtroppo non possiedono più i riferimenti stratigrafici e storici che avevano prima che il terreno venisse sconvolto dalle arature, perché solo da quei contesti è possibile ricavarli, pertanto è necessario non perdere almeno i dati globali, cioè conoscere almeno il luogo da cui provengono.
Ecco allora che diventa importante contraddistinguere i reperti allegando loro dei biglietti documento su cui scrivere innanzitutto le provenienze e poi anche altri dati che il ricercatore riterrà opportuno non scordare: egli ha inoltre facoltà di fotografare gli oggetti posti sopra un foglio di carta millimetrata, oppure affiancati ad un righello, ha facoltà di disegnarli, misurarli, pesarli e descriverli sommariamente e di archiviare il tutto.
Fatto questo, potrà riporli all'interno di altrettanti sacchetti richiudibili e potrà conservarli con cura.


CUSTODIA E CONSERVAZIONE DEGLI OGGETTI

A meno che non si tratti di oggetti di pregio e di estremo valore archeologico e storico, il ricercatore che fa volontariato culturale non ottempera quasi mai alla prescrizione dell'articolo 90.1 cioè all'obbligo di denunciare entro ventiquattro ore un ritrovamento fortuito ogni qualvolta esso avviene perché ciò comporterebbe una valanga di comunicazioni continue che sinceramente non avrebbe senso e trasformerebbe ogni episodio nella reiterazione della favola di colui che grida "al lupo, al lupo".
I ritrovamenti dei ricercatori nel volontariato culturale non sono dei ritrovamenti fortuiti, ma voluti e ricercati con tenacia e passione e quando questi avvengono ne gioisce la comunità intera.
Il ricercatore però non si sottrae a quanto previsto dallo stesso articolo 90.2 e 90.3 cioè alla rimozione degli oggetti e alla loro conservazione e lo fa ben volentieri perché questo gli permette di condividere gli avvenimenti con altri e di documentarli secondo regole associative ben definite.
In pratica il ricercatore, dopo il ritrovamento e la documentazione dei reperti, è autorizzato a custodirli e a conservarli in modo consono e degno, in attesa della consegna per la catalogazione.


A CHI CONSEGNARE I REPERTI E LA LORO DOCUMENTAZIONE

Chi decide dove verranno depositati i reperti rinvenuti è il Soprintendente ai Beni Archeologici che è il funzionario regionale del Ministero dei Beni Culturali per quanto concerne l'Archeologia.
Normalmente egli concede che i reperti rimangano in zona, depositati nei Musei e negli Antiquaria locali secondo una definita ripartizione territoriale; pertanto la consegna deve essere concordata con la Soprintendenza che indicherà dove portare il materiale, chi è autorizzato a riceverlo e a rilasciare ricevuta.
Successivamente si contatterà la persona indicata per concordare la consegna.
Seguendo questo ordine di cose non ci possono essere problemi.
I problemi nascono quando i ricercatori di una zona raccolgono reperti che appartengono territorialmente ad un'altra zona e chiedono che essi vengano depositati nella loro realtà; in questo caso possono nascere diatribe di competenza e incomprensioni tra le persone.
A rigore di logica sarebbe giusto che ogni realtà territoriale conservi i suoi reperti anche se rinvenuti da ricercatori di altre zone perciò al momento della consegna, salvo diversa decisione del Soprintendente, i materiali dovrebbero essere ceduti alla competenza territoriale.
Come si sa però, spesso nelle decisioni dei vertici, come nei giochi delle parti, vi è ben poco di razionale e le decisioni in questi casi devono essere accettate e basta.
Nelle associazioni serie non nascono problemi di questo genere, come non nascono quando a consegnare sono ricercatori indipendenti, che non sono legati ad alcun gruppo e ad alcuna realtà museale.


COSA CHIEDERE A CHI RICEVE IL MATERIALE

Il ricercatore dilettante di reperti archeologici non può chiedere alcun compenso per la sua attività, lo deve fare gratuitamente a scopo culturale e ricreativo.
A fronte di questa mancanza il ricercatore ha tuttavia diritto che l'opera che presta gli venga riconosciuta almeno come benemerenza e onorificenza, sia che faccia parte di un gruppo oppure che lavori da solo.
Quale momento migliore se non la consegna dei reperti per farsi dare, e "pretendere", elogi scritti in allegato alla ricevuta dei materiali che consegna?
Per fare le cose bene, quando contattate la soprintendenza per annunciare la consegna, allegate allo scritto, al fax, o alla mail anche la lista dei materiali con le relative provenienze, lista che poi facoltativamente potrete infarcire, anche in modo sfacciato, di parole di elogio e che farà inevitabilmente da ricevuta alla consegna dei reperti e che pretenderete controfirmata da chi riceve.
Se volete potete chiedere che dopo l'avvenuta catalogazione, vi vengano comunicati i numeri di inventario e che potrete conservare come trofeo.